Ogni giorno della nostra vita è costellata da fatiche e problemi che richiedono il nostro intervento.
Di fonte a ciascun problema ognuno di noi può avere reazioni diverse ed è questa reazione che fa la differenza. C’è chi si abbatte e incomincia a pensare di essere proprio sfortunato, c’è chi cerca di vedere il risvolto positivo della questione, chi si arrabbia, chi cerca di imparare dalla situazione che gli si è presentata, chi rimanda.
Dal vostro punto di vista quale sarà l’atteggiamento della persona che affronta la vita in modo depressivo?
Quella di sentirsi sfortunato e di rimandare.
Ora, ci sono eventi della vita davvero dolorosi! Perdere persone amate è una ferita assolutamente profonda, intendiamoci! E in queste circostanze è assolutamente sano, utile e necessario essere tristi. La tristezza aiuta a concentrarsi su di sé, a fare il punto della questione, a ricaricare le energie e riprendere le forze.
Quando però la tristezza diventa diciamo così, “un’abitudine” che perdura nel tempo allora è proficuo correre ai ripari.
Le circostanze esterne, gli eventi della vita, non si possono cambiare, ma le nostre reazioni ad essi sì! Si può modificare il modo in cui affrontiamo ciò che ci capita.
Si può incominciare per esempio, osservando i momenti in cui si sta meglio e gli altri durante i quali si sta peggio: Cosa succede in entrambe le circostanze? Cosa c’è di diverso in quelle occasioni? Cosa potrebbe aiutarci ad imparare a fare ciò che aiuta a stare meglio?
Se la risposta riguardasse il “non so cosa e come devo fare”, allora vi propongo i seguenti passi:
Prima di tutto è utile analizzare il problema facendosi alcune domande come:
In seconda battuta è efficace fare mente locale di ciò che si è già provato a fare per risolvere il problema. Quindi:
Il passo successivo, che può apparire bizzarro, ma che è di fatto potente, è pensare a come si potrebbe volontariamente peggiorare la situazione:
Queste domande permettono da una parte di mettere a fuoco quei comportamenti o quei pensieri che è bene evitare e interrompere per fare appunto in modo che il problema perduri, dall’altra possono “magicamente” portare a pensare a strade prima di allora inesplorate.
Una volta risposto alle domande precedenti, proviamo a visualizzare lo scenario oltre il problema
L’obiettivo è aprire le percezioni e le aspettative in una nuova e più funzionale direzione.
L’ultima fase da compiere viene chiamata dei “Piccoli passi” e consiste nel compiere appunto la prima mossa perché “Anche un viaggio di mille miglia inizia con un passo” (Lao Tze). La domanda che può aiutarci in questo caso è:
Se hai voglia di raccontarmi la tua esperienza, sono disponibile ad ascoltarla e leggerla.
Dott.ssa Elisabetta Gusmini
Psicologa Treviglio