Disturbo ossessivo-compulsivo: come vincerlo?

disturbo ossessivo-compulsivoChi sono le persone che soffrono di un disturbo ossessivo-compulsivo?

E cosa è il disturbo ossessivo compulsivo?

Cosa lo caratterizza?

Come uscirne?

Queste alcune delle domande a cui cercherò di rispondere in questo articolo.

Il disturbo ossessivo-compulsivo si caratterizza per ossessioni e compulsioni ricorrenti, a causa delle quali la persona che ne soffre può perdere molto tempo sottraendolo alla famiglia, al lavoro e alle relazioni sociali. Le persone riconoscono che il loro pensiero e il comportamento che ne segue sono irrazionali, ma non riescono in alcun modo a sottrarvisi.  Si può dire che le persone con tale tipo di disturbo hanno un bisogno irresistibile di controllare la realtà.

Il bisogno di essere rassicurati, la paura che qualcosa di nefasto possa accadere, costringe la persona a comportamenti ripetuti e irrefrenabili. Azioni che di per sé possono essere sani e utili (come lavarsi le mani, controllare un compito, riordinare…) in virtù della loro ripetizione assillante, diventano una tortura. Non è più la persona a scegliere di compierle, ma sembrano essere loro ad impossessarsi di lei.

Essere attenti e precisi nello svolgimento di un compito è una qualità che ci rende affidabili; controllare e controllare perché si è convinti di aver fatto degli errori diventa problematico; sentire l’esigenza irrefrenabile di tornare a rivedere quanto fatto e già più volte ricontrollato è una patologia.

La persona che soffre di un disturbo ossessivo-compulsivo ha una forte credenza basata sulla paura, a causa della quale fa seguire azioni ripetute e quasi incontrollate allo scopo di placarla. Proprio a causa di questo perdono molto tempo, rischiano di mettere a repentaglio la loro vita familiare, sociale e lavorativa, non si godono affatto la vita.

In cosa consistono le ossessioni?

Le ossessioni sono pensieri, immagini, idee ricorrenti, intrusive, che la persona non vuole perché vissuti come lontani dal proprio sistema di valori, causano ansia e disagio marcato. Le tematiche di tali pensieri possono riguardare la paura di far male a un proprio caro, il timore di non riuscire a controllare bisogni fisiologici, paura di ammalarsi per contaminazione, preoccupazione di dire parolacce o di agire comportamenti sessuali non appropriati.La persona è consapevole che tali pensieri sono un prodotto della sua mente, irrazionali, non correlati a reali problemi della vita, tuttavia non riesce a non pensarli. Al contrario si impegna con tutte le sue forze a scacciarli, cerca di non pensarli, cerca di ridurre o rimuovere l’ansia che tali pensieri le procurano attraverso delle azioni o altri pensieri. Ecco che entrano in gioco le compulsioni.

Cosa sono le compulsioni?

Ciò che rende un comportamento una compulsione sono il suo carattere di inevitabilità, irrefrenabilità e di ritualità.

In particolare le compulsioni sono quei comportamenti ripetitivi (quali lavarsi le mani, riordinare, controllare) o azioni mentali (contare, ripetere delle parole, pensare) messi in atto allo scopo di ridurre l’ansia e il disagio che l’ossessione genera. Tali rituali possono essere di tipo riparatorio (cioè riguardano il passato, qualcosa che è già stato commesso. Di questo tipo si ha per esempio il lavare le mani o disinfettarsi se ritengo di essere stato contaminato da qualcuno per il fatto di avergli stretto la mano), preventivo (riguarda il desiderio di evitare che accada qualcosa nel futuro, si intende prevenirlo) o propiziatorio (in questo caso il

Secondo la terapia strategica esistono però anche azioni basate sul piacere con relative patologie, quali la compulsione a strapparsi i capelli e i peli del corpo, la voglia irrefrenabile di tagliuzzarsi, lo shopping compulsivo, la cleptomania, il gioco d’azzardo o il procurarsi il vomito. Inizialmente il comportamento messo in atto è volto a ridurre l’ansia e funzionando, si trasforma in una strategia che la persona mette in atto più e più volte fino a “dimenticare” la paura e a scoprire quell’emozione legata al gusto del proibito che non riesce più a gestire.

Cosa fa un persona con disturbo ossessivo-compulsivo?

Generalmente si riconosce una persona che soffre di disturbo ossessivo-compulsivo da una serie di elementi:

  1. i rituali, che ho già descritto nel paragrafo precedente. Tale aspetto distingue perciò le persone con disturbo ossessivo-compulsivo dalle quelle che soffrono di disturbo ossessivo leggi l’articolo o dal dubbio patologico leggi l’articolo.
  2. richiedere aiuto nello svolgimento dei rituali o rassicurazioni circa l’aver fatto bene il proprio rituale o di aver svolto bene un lavoro (es. cosa dirà…? cosa farà…?). qualsiasi risposta che l’altro darà, pur facendo sentire nell’immediato un senso di protezione, già nell’attimo successivo ci si sente incapaci di gestire autonomamente la situazione. Non tutti adottano tale strategia.
  3. evitare ciò che si teme, spaventa (es. evitare di invitare gli amici a casa perché potrebbero sporcare). Evitare però alla lunga ingigantisce il problema e conferma la pericolosità della situazione evitata.

Cosa fare se si soffre di disturbo ossessivo-compulsivo?

Per aiutare la persona che soffre di disturbo ossessivo-compulsivo è utile intervenire sui suoi comportamenti, cioè sui rituali, sulle tendenze a richiedere aiuto e ad evitare. Come?

  1. introdurre un controrituale: perciò se una persona ha la tendenza a controllare se ha chiuso la porta invitarla a continuare a farlo (impossibile chiedere di non farlo: ci ha già provato tante volte; inutile spiegarle che non serve: già lo sa), ma se decide di farlo lo deve fare per esempio 5 volte. Può non farlo, ma se decide di farlo dovrà farlo 5 volte. Se invece è vittima del bisogno di avere tutto pulito è utile invitarla a compire piccole violazioni del tipo lasciare un piccolo angolo di disordine o di sporco nel grande ordine e pulito.
  2. Osservare quanto il richiedere aiuta possa essere controproducente. Di fatto, se chiedere aiuto o delegare in certe circostanze è cosa buona, farlo di continuo non fa altro che confermare le nostre incapacità, se ci fa sentire protetti e amati sul momento, a lungo termine ci fa credere di non essere in grado di gestire la situazione.
  3. pensare che ogni evitamento prepara il terreno all’evitamento successivo. La paura passa sono se guardata in faccia ed affrontata.
  4. considerare la possibilità di farsi aiutare da uno psicoterapeuta, il quale con tecniche specifiche è in grado di aiutare a ritornare padroni della propria vita.

dott.ssa Elisabetta Gusmini

Psicologa Treviglio

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