Le persone che soffrono di ansia generalmente fanno e pensano cose con l’obiettivo di mettere fine al loro stato di allerta senza accorgersi che, sono proprio quelle strategie a mantenere il problema.
Più pensano e più credono di fare e più finiscono per venire fagocitate da loro stesse.
Quali sono tali pensieri? Di cosa si tratta esattamente? e Soprattutto cosa e come fare per stare meglio?
E’ opportuno precisare che nulla di ciò che si fa o si pensa è di per sé qualcosa di patologico. Ciò che può portare alla patologia è il loro ripetersi in modo sistematico ed esasperato. Perciò, se cercare di controllare le proprie reazioni è utile e auspicabile, portare all’eccesso il controllo nel tentativo di tenere tutto sotto controllo (e scusate il bisticcio di parole) rende più probabile lo sviluppo di disturbo di natura fobica o ossessiva.
Pertanto, ciò che può trasformare una nostra azione da utile a dannosa è la sua rigidità, il considerarla e attuarla sempre e comunque perché ritenuta inevitabile, più o meno consapevolmente. Di fatto quell’azione o quel pensiero si era dimostrato di successo, aveva funzionato in una data circostanza per superare fatiche e ostacoli. Insistere ad applicarla anche in altri contesti, senza considerare le variabili nuove della situazione in questione, in modo ripetuto e ostinato, può portare alla patologia.
C’è anche da considerare che la natura certo non ci aiuta. Di fatto la nostra fisiologia è costruita per rispondere all’esigenza di ridurre il dispendio di energia perciò la mente tende a categorizzare, classificare, sistematizzare. Di fatto lavora per trasformare taluni processi che ci hanno portato a risolvere alcuni problemi in schemi che si possono replicare, generalizzare.
Da qui deriva la riflessione che la spontaneità non esiste, in quanto ciò che ci sembra spontaneo in realtà non è altro che un nuovo apprendimento, in virtù di quanto ho scritto poc’anzi. Quindi se non esiste non può nemmeno essere sana, come spesso siamo portati a credere.
Divenire consapevoli del fatto che alcune categorie di pensieri possono condurci a stare peggio di quanto stiamo, è un processo non sempre semplice e comunque di per se stesso poco efficace, se non mettiamo in campo azioni e pensieri diversi.
Le aspettative
Le aspettative sono una valutazione ritenuta realistica circa il comportamento che gli altri assumeranno. Aspettarsi qualcosa significa perciò credere che altri faranno o diranno cose che noi abbiamo pensato sulla base di una serie di criteri. Tendenzialmente perciò le aspettative sono costruite a partire dalle nostre percezioni e convinzioni che vengono spesso erroneamente attribuite anche agli altri.
Questa trappola si basa sulla scarsa capacità di prendere atto di diversi modi di valutare ciò che accade.
Come uscirne? Assumere che gli altri possono avere un punto di vista diverso dal nostro è essenziale; esercitarsi a dare diverse ipotesi come spiegazione ad un accadimento ci aiuta a provare e vivere emozioni diverse, forse anche l’ansia che è però in questi casi un’ansia che fa bene.
Credere nella conoscenza assoluta
Tale pensiero si caratterizza per il fatto di sopravvalutare il potere della conoscenza. Se da un lato il sapere ci ha permesso di migliorare le nostre condizioni sociali, dall’altro non ci ha permesso certo di controllare l’assoluto. La conoscenza non ci rassicurerà mai in assoluto. Anche perché ogni nuova conoscenza apre a possibili nuovi perché. E per alcuni questo è una fonte di grande sofferenza e di ansia.
Come uscirne? A chi si è lasciato intrappolare da tale pensiero, non si può semplicemente chiedere di non pensarlo più. Molto più proficuo far loro osservare che cercare verità indiscutibili avrà in premi certezze rassicuranti che però possono metterci in gabbia.
Un ragionamento perfetto può risolvere ogni cosa
Ma quale spiegazione razionale può consolarmi dal non piacere alla persona di cui mi sono innamorato? Quale conoscenza delle statistiche mi aiuta ad affrontare la paura di volare?
Come uscirne? Pensare che la razionalità è uno strumento efficace se utilizzato nei contesti che le competono, diversamente non fa altro che peggiorare il nostro stato di benessere.
Me lo sento
Questa trappola si ha ogniqualvolta si considerano le sensazioni una fonte indiscutibile di conoscenza. Di fatto il significato delle sensazioni viene attribuito da ciascuno di noi sulla base delle proprie esperienze e questo rischia dare il via alla dinamica della “profezia che si autorealizza”. Questo consiste nel cercare selettivamente le prove che verificano quanto abbiamo sentito. Questo non significa negare il contributo dell’intuizione, quanto piuttosto accompagnare l’intuizione da fatti concreti. E’ anche utile ricordare che il sentire ci fa andare oltre il capire e in alcune circostanze è l’unico modo per affrontare con successo condizioni che non sono alla porta della pura ragione.
Come uscirne? Imparare a far lavorare insieme il sentire, il capire e l’agire per raggiungere il nostro equilibrio.
La coerenza
Consiste nel credere che mantenere le proprie idee tali e quali qualunque cosa accada sia un valore. E lo è, ma non quando è rigidamente impostata. Di fatto non essere in grado di adattarsi al cambiamento, per essere coerenti, può portare a risultati disastrosi. La coerenza è una trappola quando diventa una difesa delle proprie opinioni e una posizione dogmatica.
Come uscirne? Imparare ad accettare che l’incoerenza è una condizione dell’essere umano (e con questo non sto inneggiando a cambiar idea ad ogni soffio di vento), così come l’ambivalenza.
Sopravvalutare e sottovalutare
Numerosissimi studi di psicologia delle attribuzioni mostrano quanto siamo bravi ad auto-ingannarci valutando più positivamente o al contrario svalutando persone, contesti, gruppi sulla base della nostra posizione di partenza.
Come uscirne? Confrontarsi con altre persone, documentarsi, leggere, sono tutti strumenti per imparare a dare il giusto peso ai nostri giudizi. Può essere anche utile mettere alla prova persone o cose con l’obiettivo di dimostrare il loro valore.
dott.ssa Elisabetta Gusmini
Psicologa Treviglio
da Psicotrappole di Giorgio Nardone