Quando subiamo un trauma, la maggioranza di noi si concentra sulle sue difficoltà, debolezze e si percepisce come una vittima che forse svilupperà una patologia.
Eppure non è così. Se ci guardiamo intorno, non tutte le persone che hanno subito una esperienza dolorosa sviluppano malattie, anzi al contrario sono capaci di apprendere e beneficiare da tale esperienza, facendo emergere tutto il loro potenziale.
Quindi? Quale è il mistero?
La tendenza a focalizzare l’attenzione in modo esclusivo agli effetti patologici dell’esperienza traumatica ha contribuito a sviluppare una “cultura della vittimologia” che ha influenzato le ricerche e l’elaborazione di teorie psicologiche e che han portato ad assumere una visione pessimistica della natura umana. Di questa “cultura della vittimologia” due sono i pericolosi assunti:
Queste idee hanno portato ad assumere da un lato che esiste una risposta unidimensionale e di scarsa variabilità nelle persone che soffrono una perdita o sperimentano eventi traumatici e dall’altro a ignorare le differenze individuali nella risposta ad eventi stressanti.
In realtà numerosi studi dimostrano che tali supposizioni non sono corrette: la maggioranza delle persone che soffrono di una perdita irreparabile non si deprimono, le reazioni intense di lutto e sofferenza non sono inevitabili e la loro assenza non significa necessariamente che esista o vada sviluppandosi un disturbo. Le persone spesso resistono con insospettata forza i contraccolpi della vita e anche di fronte ad eventi estremi ci sono numerose persone che mostrano una grande resistenza e che escono psicologicamente indenni o con danni minimi.
La psicologia positiva ricorda che l’essere umano ha una grande capacità di adattarsi e trovare un senso alle esperienze traumatiche più terribili, capacità che sono state ignorate dalla psicologia per molti anni.
Numerosi autori hanno proposto di concettualizzare nuovamente l’esperienza traumatica da un modello più sano che, basandosi su metodi positivi di prevenzione, tenga in considerazione l’abilità naturale degli individui di affrontare, resistere, apprendere e crescere nelle situazioni più avverse.
Le reazioni delle persone difronte alle esperienze traumatiche possono variare lungo un continuum e assumere differenti forme:
Come già detto poc’anzi, la psicologia tradizionale si è centrata maggiormente su questo aspetto della risposta umana, assumendo che potenzialmente tutte le persone esposte ad una situazione traumatica possano sviluppare un disturbo post traumatico da stress o altre forme di patologia. Tuttavia, la percentuale di persone esposte ad un evento estremamente doloroso che possono incorrere in patologie è assai minimo. Inoltre, non bisogna dimenticare che della percentuale di individui che nei primi mesi possono essere diagnosticati con qualche patologia, la maggioranza recupera in modo naturale e in breve tempo raggiunge il livello normale di funzionalità.
E’ importate sottolineare, anche se non è un tema da trattare qui, che forse è opportuno temporeggiare prima di dare una diagnosi come quella del disturbo post traumatico da stress, poiché potremmo essere difronte ad una difficoltà che svanisce con il tempo. Non è raro che una persona esposta ad un evento traumatico, diretta o indirettamente, sperimenti incubi, ricordi ricorrenti, sintomatologia fisica associata, etc. La maggioranza delle risposte di afflizione e sofferenza sperimentate e comunicate dalle vittime sono normali, in molti casi anche adattative. Insonnia, incubi, ricordi intrusivi riflettono risposte normali di fronte a fatti “anormali”.
Alcune persone esposte ad accadimenti traumatici e che non hanno sviluppato patologie in un primo momento, possono farlo molto tempo dopo, anche anni più tardi. Tuttavia, questi tipi di casi sono molto infrequenti.
Dalla prospettiva della psicologia tradizionale si è ignorato spesso il processo di recupero naturale che, se al principio porta con sé l’esperienza di sintomi post traumatici o reazioni disfunzionali allo stress, con il trascorrere del tempo svaniscono. I dati affermano che circa l’85% delle persone colpite da una esperienza traumatica segue questo processo di recupero naturale e non sviluppa alcun tipo di patologia.
La resilienza è un fenomeno ampiamente osservato al quale inizialmente si è posto poca attenzione e che include due aspetti importanti: resistere all’avvenimento e ricostruirsi. Di fronte ad un evento traumatico le persone resilienti riescono a mantenere un equilibrio stabile senza senza che questo intacchi il proprio rendimento e l’andamento della vita quotidiana. A differenza delle persone che si riprendono in modo naturale dopo un periodo difficile, le persone resilienti non vivono questo periodo di disfunzionalità, anzi permangono a livelli funzionanti nonostante l’esperienza traumatica. Non è un’esperienza da supereroi, ma l’esperienza di molte persone che pur avendo vissuto esperienze difficili sono riuscite ad adattarsi e a cavarsela con efficacia nel loro contesto.
La resilienza è stata definita come la capacità di una persona o di un gruppo di continuare a proiettarsi nel futuro nonostante eventi destabilizzanti, condizioni di vita difficili e traumi a volte gravi.
Questo concetto è stato trattato con sfumature diverse da ricercatori francesi e statunitensi. Se i primi mettono in relazione il concetto di resilienza con quello di crescita post traumatica, intendendo la resilienza sia come la capacità di uscire indenne da un’esperienza difficile sia apprendere dalla stessa e migliorarsi, i secondi dividono i due costrutti. Per i ricercatori americani infatti, la resilienza fa riferimento al processo con il quale le persone affrontano ciò che capita loro e che le aiuta a mantenersi intatte, denota la loro capacità ritornare omeostaticamente alle loro condizioni originarie, mentre la crescita postraumatica si riferisce ai benefici o miglioramenti in seguito ad esperienze traumatiche. La confusione terminologica è il riflesso della recente apparizione della corrente che studia i potenziali effetti positivi dell’esperienza traumatica.
E’ importante distinguere il concetto di resilienza dal concetto di recupero poiché rappresentano traiettorie temporali differenti. In questo senso, il recupero implica un ritorno graduale verso la normalità funzionale, mentre la resilienza riflette la capacità di mantenere un equilibrio stabile durante tutto il processo.
L’origine dei lavori circa la resilienza risale all’osservazione di comportamenti individuali di superamento dei traumi che parevano casi isolati e allo studio evolutivo di bambini che avevano vissuto in condizioni difficili. Uno dei primi lavori scientifici che rinforzarono lo stabilirsi della resilienza come tema di investigazione fu uno studio longitudinale realizzato lungo 30 anni con un gruppo di 698 bambini nati alle Hawaii in condizioni molto sfavorevoli. Trenta anni dopo, l’80% di questi bambini erano cresciuti sani e in modo positivo, diventando adulti competenti e ben integrati. Questo studio, realizzato in una cornice teorica lontana alla resilienza, ha avuto un ruolo molto importante nel suggerimento della stessa. Così, difronte alla credenza tradizionale fortemente stabilita che prevedeva che da un’infanzia infelice non potesse che verificarsi lo sviluppo inevitabile di forme patologiche del comportamento e della personalità, gli studi con bambini resilienti han dimostrato che son supposizioni prive di fondamento scientifico e che un bambino ferito non è necessariamente condannato ad essere un adulto fallito.
La resilienza, intesa come la capacità di mantenere un funzionamento adattativo delle funzioni fisiche e psicologiche in situazioni critiche, non è mai una caratteristica assoluta e nemmeno si acquisisce una volta per sempre. E’ il risultato di un processo dinamico ed evolutivo che varia a seconda delle circostanze, della natura del trauma, del contesto, del momento della vita che la persona sta attraversando e può esprimersi in modi molto differenti a seconda della cultura. La resilienza è il frutto dell’interazione tra l’individuo e il suo contesto.
Ci sono alcuni fattori che giocano un ruolo importante nel promuovere la resilienza: la sicurezza in se stessi e nella propria capacità di affrontare ciò che ci accade, l’appoggio sociale, avere un obiettivo nella vita, credere che si può influire su ciò che ci succede, che si possa imparare dalle esperienze positive come da quelle negative e se sei un bambino, avere genitori competenti nel loro ruolo.
Gli studi dimostrano che le persone resilienti concepiscono e affrontano la vita in modo più ottimista e con più energia, sono persone curiose e aperte a nuove esperienze, si caratterizzano per il fatto di sperimentare emozioni positive, utilizzano il senso dell’umorismo, creatività e ottimismo.
Un altro fenomeno dimenticato dai teorici del trauma è quello circa la possibilità di apprendere e crescere in seguito ad esperienze dolorose. Come nel caso della resilienza, gli studi dimostrano che è un fenomeno più comune di quanto si creda e che son molte le persone che riescono a trovare risorse insospettabili. Di fatto, molti dei sopravvissuti a esperienze traumatiche trovano strade attraverso le quali ottengono benefici della lotta contro i bruschi cambiamenti che l’evento traumatico provoca nella loro vita. La psicologia ha sottostimato la capacità naturale dei sopravvissuti ad esperienza traumatiche di resistere e tornare a vivere.
I recenti studi dimostrano che, durante circostanze stressanti e avverse, le emozioni positive quali gratitudine, interesse, amore, speranza, ottimismo, fede, coesistono con quelle negative (tristezza, rabbia, colpa) e hanno effetti benefici: aumentano l’esperienza soggettiva positiva, innescano e rinforzano la capacità di far fronte in modo attivo agli aventi della vita, promuovono la disattivazione fisiologica, minimizzano il rischio di depressione.
Tre possono essere le aree all’interno delle quali le persone sperimentano la crescita post traumatica: in se stessi, nelle relazioni interpersonali e nella spiritualità filosofia di vita.
Cambiamenti in se stessi: è un sentimento comune in molte persone che affrontano situazioni traumatiche sperimentare l’aumento di fiducia nelle proprie capacità e possibilità; la persona si sente in grado di far fronte a qualunque cosa.
Cambiamenti nelle relazioni interpersonali: dover affrontare esperienze difficili, costringe le persone a mostrarsi per quel che sono ed è molto comune che appaiono pensieri quali “ora so chi sono i miei veri amici”. Dall’altro lato, aver fatto fronte a un’esperienza traumatica risveglia nelle persone sentimenti di compassione e empatia verso la sofferenza di altre persone e promuove comportamenti di aiuto.
Cambiamenti nella spiritualità e filosofia di vita: quando un individuo passa per un’esperienza traumatica cambia la sua scala di valori e incomincia ad apprezzare cose che prima riteneva ovvie. Le esperienze traumatiche tendono a cambiare radicalmente il modo di vedere il mondo e attraverso le stesse le persone spesso iniziano a godere dalla vita.
Le persone che sperimentano una crescita post traumatica solitamente sperimentano anche emozioni negative e stress. In molti casi, senza l’esperienza di emozioni negative non si ha la crescita post traumatica. L’esperienza di crescita post traumatica non elimina il dolore e la sofferenza, di fatto coesistono. Può anche avvenire che le persone sperimentino cambiamenti positivi in alcune aree della loro vita e cambiamenti negativi in altre.
Vivere un’esperienza traumatica è senza dubbio una situazione che modifica la vita di una persona e, senza togliere nulla alla gravità e all’orrore di questi vissuti, non si può dimenticare che in situazioni estreme l’essere umano ha l’opportunità di costruire nuove lenti con le quali guardare il mondo e il proprio sistemi di valori.
Questo articolo è una rivisitazione dell’originale. Se vuoi leggerlo vai qui