Paura e panico sono la faccia della stessa medaglia.
La prima è un’emozione sana, utile e fondamentale alla nostra vita. Il secondo una sua distorsione.
Imparare a gestire la paura per evitare che si trasformi in panico è estremamente importante per continuare a godere della nostra vita.
Pensate di trovarvi di fronte ad un cane ringhiante, in una strada piena di automobili che sfrecciano a tutta velocità o sull’orlo di un precipizio. Se non aveste paura, sareste prudenti? O al contrario vi buttereste nella situazione senza valutarla?
La paura è utile venga utilizzata e nell’utilizzarla viene affrontata. L’abilità che ogni persona è utile acquisisca è perciò quella di guardare in faccia la propria paura per gestirla al meglio, per farne uno strumento utile al raggiungimento dei propri scopi.
Certo è vero, se la paura è troppa, blocca, ferma, immobilizza, può trasformarsi in panico o in una qualche forma di fobia. Questo è conseguenza di un uso disfunzionale della paura, di una valutazione errata della sua importanza.
Se la paura è accolta per quello che è, da punto debole si trasforma in forza e ci rende persone coraggiose, non incoscienti.
Affrontando la paura proviamo a noi stessi le nostre abilità, le nostre competenze e ci prepariamo, allenandoci di volta in volta, al passo successivo.
Decidere di non fare una cosa per paura di ciò che potrebbe accadere, del giudizio dell’altro o del fallimento, di fatto ci impedisce di sperimentarci, di provare il contrario, ciò che siamo in grado di fare e di far emergere le risorse che giacciono dentro di noi a nostra insaputa.
La nostra autostima, il nostro senso di auto-efficacia, la fiducia in noi stessi passano e si sviluppano a partire dalle esperienze che quotidianamente realizziamo. Insomma sono una conquista giornaliera.
Ora, se tendiamo a iper-proteggerci o iper-proteggere, come è evidente da quanto scritto, non facciamo del bene a noi stessi o a coloro che dipendono da noi (figli, alunni, nipoti); al contrario è molto probabile che ci apriamo o spianiamo la strada alla paura patologica, al panico, alle diverse forme di fobia.
Ecco i miei suggerimenti da tenere come una mano sempre in tasca:
Pollice: viviamo le nostre emozioni.
Con questo non intendo invitare allo spontaneismo, ma imparare ad accettare che le emozioni esistono e sono sane. Sono il sale della vita! Che mondo sarebbe senza di loro? Solo da morti non proveremo più emozioni. Vale la pena “essere morti” in vita?
E’ utile tenere in considerazione il fatto che prendiamo le decisioni anche sulla base delle emozioni che viviamo.
Insomma, è vero, a volte possono sembrare scomode, ingombranti, ma le emozioni non sono mai inutili.
Indice: quando la paura ci assale vediamo di utilizzarla.
Tra le emozioni, quella più atavica, primordiale è senza dubbio la paura.
Si può avere paura di persone, di eventi, di altre emozioni, di ciò che immaginiamo…
Comunque sia mi piace pensare alla paura come ad un campanello, non necessariamente d’allarme. Un campanello che suona e che può, se raccogliamo l’invito, invitarci a pensare: cosa vuole comunicarmi? Di cosa ho paura? Cosa dice di me quella paura? Come posso trasformare questa paura che mi assale? Cosa mi porterebbe ad evitare? E’ utile che io lo faccia? Migliorerei o peggiorerei la mia situazione evitando?
Se ti è più utile prova a scrivere. Solo guardandola in faccia possiamo conoscerla.
Medio: diario di bordo
Se la paura è già troppo intensa, è difficile pensare, riflettere.
Allora può essere utile, nel momento stesso in cui sopraggiunge l’attacco, appuntare su un foglio (che porterò sempre con me) dove sono, con chi sono, cosa sta succedendo, che pensiero sto facendo…
Oppure, sempre nell’attimo in cui riconosco l’arrivo dell’attacco può essere utile concentrarsi a contare la tabellina del due o del tre in avanti e indietro fino a che mi è passato.
Certo è che, se io mi esercito ad accettare la mia paura, imparando a considerarla come una alleata che intende comunicare a me stessa qualcosa, le probabilità di vivere attacchi di panico si riducono drasticamente.
Anulare: guardiamo la situazione da un’altra prospettiva.
Proviamo a pensare e a rispondere a queste domande:
Cosa perdo se mi lascio vincere dalla paura e la subisco?
Cosa accade se continuo ad evitare ciò che temo?
Cosa avviene se ho la tendenza a chiedere aiuto per affrontare ciò di cui ho paura?
E se cerco di controllare la paura?
Socializzare con tutti il mio timore mi intrappola o mi libera?
Peggiorerò la mia situazione o la migliorerò?
Aumenterò il mio senso di autoefficacia e la mia autostima, oppure, al contrario, li ridurrò?
Mignolo: sperimentare.
Educare ed educarsi alla scoperta, all’incontro col nuovo è essenziale per ridurre la probabilità di sviluppare patologie che abbiano a che fare con la paura.
Superare ostacoli e affrontare difficoltà è indispensabile per sviluppare e scoprire in noi stessi abilità che forse non credevamo di possedere.
La sicurezza e la fiducia in noi stessi non sono qualità innate, ma sentimenti che crescono esponenzialmente insieme al nostro metterci in gioco.
Se siamo dei genitori, la nostra responsabilità è anche sui nostri figli: limitarli troppo per igiene o per “evitare che si facciano male”, non è detto che alla lunga si riveli una strategia efficacie per donare ai nostri figli le ali per volare.
Elisabetta Gusmini
Psicologa Psicoterapeuta Treviglio