Ti sei mai chiesto quale sia il senso della vita? Hai mai filosofeggiato con amici o tra te e te circa il perché siamo al mondo? Non ho LA risposta, ma in questo articolo ti riporto ciò che in questi giorni mi è capitato tra le mani e che ho deciso di condividere con te.
Viktor E. Frankl è uno psichiatra internato nei Lager nazisti durante la seconda guerra mondiale. Nel suo libro “Uno psicologo nei lager” riporta quale sia secondo lui il senso della vita. Trascrivo due stralci del suo breve e intensissimo scritto che mi hanno colpito, ma che non vogliono essere risolutivi. Ho già avuto testimonianza del fatto che ciascuno dai libri coglie aspetti diversi perciò, leggi tu stesso questo meraviglioso testo.
“[…] S’impone qui un rovesciamento di tutta la problematica del senso ultimo della vita: dobbiamo apprendere, e insegnarlo ai disperati, che in realtà non importa affatto che cosa possiamo attenderci noi dalla vita, ma importa, in definitiva, solo ciò che la vita attende <<da noi>>! In linguaggio filosofico si potrebbe anche dire: si tratta quasi di una rivoluzione copernicana; non chiediamo più infatti il senso della vita, ma sentiamo di essere sempre interrogati, come gente alla quale la vita pone in continuazione delle domande, ogni giorno e ogni ora, domande alle quali ci tocca di rispondere, dando una risposta esatta, non solo in meditazioni oppure a parole, ma con un’azione, un comportamento corretto. Vivere in ultima analisi, non significa altro che avere la responsabilità di rispondere esattamente ai problemi vitali, di adempiere i compiti che la vita pone a ogni singolo, di far fronte all’esigenza dell’ora.
Quest’esigenza, e con essa il significato della vita, muta da uomo a uomo, di attimo in attimo. Non è dunque mai possibile precisare il senso della vita umana in generale, non possiamo mai rispondere in generale a chi domanda quale sia il senso dell’esistenza. La vita, secondo la nostra accezione, non è qualcosa di vago, ma di volta in volt qualcosa di concreto e così anche le esigenze della vita sono di volta in volta assai concrete. Il destino dell’uomo, unico e originale per ciascuno di noi, reca in sé siffatta concretezza. Non è possibile paragonare due uomini e due destini; nessuna situazione si ripete. In ogni situazione, l’uomo è chiamato ad un diverso comportamento.
[…] Qualora il destino concreto infligga all’uomo un dolore, egli dovrà vedere anche nel dolore un compito, anch’esso unico.”
Viktor E. Frankl scrive ancora:
“[…] Due compagni rivelarono <<di non sperare più nulla dalla vita>>. Ad entrambi si poteva chiarire ancora che la vita attendeva qualcosa da loro, che qualcosa li aspettava nella vita, nel futuro. In effetti risultò proprio che una persona attendeva uno dei due: il figlio adorato <<attendeva>> all’estero il padre. L’altro, invece, non aveva nessuno, ma l’ <<attendeva>> una cosa: la sua opera! Infatti quest’uomo, uno studioso, aveva pubblicato su un certo tema una collana di testi, non ancora completa, che attendeva il suo compimento. Quest’uomo era indispensabile per quest’opera; nessuno avrebbe potuto sostituirlo, proprio come l’altro era indispensabile e insostituibile nell’amore del figlio: quell’unicità e originalità che distinguono ogni singolo individuo e che conferiscono – esse sole – alla vita il suo significato, si fanno dunque valere nei confronti d’una opera o di un lavoro creativo, proprio come nel rapporto con un altro uomo e il suo amore. L’essere indispensabile e insostituibile, tipici d’ogni individuo, fanno apparire nella giusta misura, non appena affiorano alla coscienza, la responsabilità nei confronti dell’opera che l’attende o della persona che lo ama e che l’aspetta, non potrà mai gettar via la sua esistenza. Egli sa bene il <<perché>> della sua vita – e quindi saprà sopportare quasi tutti i <<come>>.”
Per Frankl quindi la vita ci pone ogni giorno di fronte a dei dilemmi, piccoli o grandi non è importante, e solo nella misura in cui ciascuno li abbraccia, va loro incontro invece di fuggirli, di evitarli sarà in grado di dare un senso alla propria vita elevandosi, migliorandosi, sviluppandosi, crescendo, proprio in virtù di quanto è chiamato a vivere. Questo significa allora vivere alla giornata, non progettare? Assolutamente no. Vivere significa anche avere un progetto, nel futuro, per la realizzazione e concretizzazione del quale ognuno di noi è indispensabile e insostituibile.
Riesco a comprendere meglio, queste parole, attraverso un altro libro, lontano anni luce dal primo, del quale vi riporto uno stralcio:
“Hai mai procrastinato? Mai rinviato qualcosa a qualche momento nel futuro? […] Hill definisce la PROCRASTINAZIONE l’opposto della DETERMINAZIONE e il nemico comune che tutti noi dobbiamo affrontare nella ricerca del successo.
Il suo studio sugli individui di successo che avevano accumulato ricchezze aveva rivelato che <<ognuno di loro aveva l’abitudine di PRENDERE LE DECISIONI PRONTAMENTE e cambiarle LENTAMENTE, se e quando le cambiava>>. Al contrario, <<Le persone che non riescono ad accumulare denaro, senza eccezione, hanno l’abitudine di prendere le decisioni molto lentamente, SE MAI LE PRENDONO, e di cambiare queste decisioni rapidamente e spesso>>.
Quando unisci la tua FINALITA’ DEFINITIVA al tuo DESIDERIO ARDENTE, puoi prendere le decisioni più facilmente con prontezza e hai molta meno probabilità di procrastinare. tuttavia, se sei facilmente sensibile alle opinioni altrui, ciò influirà sulla tua capacità di prendere le decisioni. Pensa a una volta in cui un familiare o qualche amico senza volerlo ha agito come una doccia fredda su qualcosa che volevi fare semplicemente esprimendo preoccupazione o un’opinione che ti ha fatto ripensare alla tua intenzione. <<Cosa vuoi fare? Sei fuori di testa?>> Spesso lo dicono scherzando, ma sembrano deriderti.
Come afferma Hill: <<Migliaia di uomini e donne hanno complessi di inferiorità per tutta la vita, perché qualche persona benintenzionata ma ignorante ha distrutto la loro fiducia in se stessi attraverso le ‘opinioni’ o lo scherno>>” (da Pensa e arricchisci te stesso per le donne di Sharon Lechter).
La vita è un insieme di eventi che ci sembrano casuali, o forse lo sono davvero; quanto più viviamo ciò che ogni giorno ci offre nel bene e nel male senza perdere di vista il nostro progetto nel futuro, quanto più alta sarà la probabilità di arrivare alla fine dei nostri giorni e poter dire di aver vissuto.
Buon viaggio!
Gusmini Elisabetta
psicologa Treviglio